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Mobilità post Coronavirus? UNA PROPOSTA.

Sapendo di non sapere, da buona sociologa partirei con un’indagine esplorativa, oggi si potrebbe anche farlo velocemente, per sondare tre macro soggetti:

  • le aziende, che devono ripensare: la loro ragione di esistere, i loro processi organizzativi e il sistema dei costi.
    Avrebbero dovuto/potuto farlo anche prima.
    Oggi è imprescindibile, naturalmente dovranno farlo con in mente tutte le nuove regole imposte dal Covid-19 tutelanti per le loro persone e per i cittadini.
    Gli interessa farlo? sono pronte a mollare ad altri?
  • I decisori/programmatori (regioni e città metropolitane): hanno il problema di fare muovere le persone senza farle rischiare troppo, senza buttar via denari, senza inquinare … pensano al car/bike/monopattini elettrici in sharing integrati nel TPL o sostitutivi?
  • I cittadini: quali?? I lavoratori, forse ormai sono gli unici che potranno uscire, quindi il TPL perderà anche gli anziani? E gli studenti?
    Oppure ascoltare le aziende e le scuole e i relativi presunti mobility manager, per capire loro interesse a spostare persone.

 

Nelle varie e fantastiche (forse meglio dire fantasiose) evoluzioni che il nostro mondo avrà post corona virus esiste un tema rilevante legato alla mobilità delle persone.
Proviamo ad individuare alcuni possibili scenari prospettici, partendo dal presupposto che il ritorno alla normalità (se intendiamo come tale il modo in cui abbiamo viaggiato fino a due mesi fa) probabilmente non sarà più possibile.

Mobilità collettiva: la mobilità collettiva, così come la conosciamo oggi, sarà riorganizzata per eliminare il sovraffollamento e il contatto tra le persone. Quindi orari di lavoro distribuiti per eliminare le ore di punta e le ore di “morbida” tipici del trasporto pubblico. Il trasporto collettivo come lo conosciamo verrà revisionato: gli autobus potranno essere un sistema di trasporto residuale per lo più a chiamata e con un costo sicuramente più alto. Ridurre il contatto delle persone significa avere contingentati gli accessi sugli autobus e avere spazi maggiori (per esempio su più piani). I treni e le metropolitane torneranno agli scompartimenti abbandonando l’architettura dei treni “moderni” in cui il vagone è un grande open space. Gli aerei, che hanno visto un boom di utilizzo grazie alle compagnie low cost, verranno ridotti: pochi aerei con poche persone. Anche qui i costi porteranno alla considerazione che il trasporto aereo sarà orientato a una élite di persone.

E come ci sposteremo?

Nelle città: il proliferare a macchia di leopardo di sistemi di mobilità individuale ed ecocompatibile degli ultimi tempi saranno una valida soluzione. Bici elettriche, monopattini elettrici, scooter elettrici e mini-auto che prendi e lasci quando e dove vuoi saranno di grande aiuto negli spostamenti. Il sistema di trasporto con conducente (taxi, uber cc) avrà sicuramente un grande successo grazie ad adattamenti semplici che possono separare la zona autista da quella dei passeggeri. Sistemi peraltro già in uso nei tradizionali taxi londinesi.

Negli ultimi tempi abbiamo anche visto l’avvio di progetti di spostamento a guida autonoma all’interno di spazi definiti (es. campus universitari, distretti industriali, fiere…) in sostanza cabine che si muovono continuamente su percorsi definiti (cosiddetti a sede fissa). Sicuramente una scelta utile.

Per gli spostamenti lunghi invece l’auto la farà ancora una volta da padrona, le autostrade intasate e l’inquinamento non saranno un lontano ricordo, ma al contrario una necessità. E se questo accadrà bisognerà imporre lo spostamento delle merci con sistemi alternativi alla gomma (treni e navi) per lasciare spazio alle persone. Per rendere sostenibile il trasporto ferroviario non ci rimarrà che trovare il modo di garantire comunque una offerta quantitativamente ampia allungando i treni, disponendo le persone su più piani.

Muoversi sarà costoso decisamente costoso. E allora? E allora ci muoveremo meno usando di più i sistemi di videoconferenza per lavorare e relazionarsi con gli altri, ma anche per turismo digitalizzando luoghi storici e musei. La realtà virtuale e quella aumentata ci verranno incontro ed è proprio su questa tecnologia che ne vedremo delle belle!

Tra le mille cabine di regia e task force ce ne sarà sicuramente una che sta pensando a come reimpiegare i 130.000 addetti al trasporto pubblico locale italiano e un’altra che sta progettando la mobilità del futuro nelle città e un’altra che sta rivedendo l’ingegneria dei mezzi di trasporto. Perché il problema non sono le idee, ma, come sempre, la gestione della transizione.

Quattro sono gli attori sociali che necessariamente dovranno essere coinvolti in questa transizione:

  • le aziende di TPL che devono ripensare la loro ragione di esistere, i loro processi organizzativi e il sistema dei costi ipotizzando una profonda trasformazione che trova nella digitalizzazione un driver di grande supporto. Avrebbero dovuto/potuto farlo anche prima, oggi è imprescindibile, naturalmente dovranno farlo con in mente tutte le nuove regole imposte dal Covid-19 tutelanti per le loro persone e per i cittadini.
  • i decisori/programmatori (regioni e città metropolitane) che hanno il problema di garantire la mobilità delle persone senza farle rischiare troppo, senza buttar via denari, senza inquinare; si potrebbe arrivare a programmare una reale mobilità integrata con car/bike/monopattini elettrici in sharing.
  • le imprese e le scuole che devono assicurarsi che i lavoratori possano arrivare sani ai posti di lavoro; si potranno risvegliare le figure dei mobility manager previsti già alla fine degli anni Novanta.
  • i cittadini che per scelta o per necessità devono utilizzare il servizio pubblico con tranquillità e per rispettare le rispettive esigenze. Si potrebbero ipotizzare mobility manager di territorio (quartiere nelle grandi città, territori più ampi per le campagne) che individuino le esigenze e le trasferiscano alle aziende di TPL.

Il trasporto pubblico collettivo in Italia non è mai stato nell’interesse primario delle persone e dei governi.

Chissà che nel post corona virus non avremo un minimo vantaggio!