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I Tre Step verso la Fase 2

Questo tempo sospeso, creato dalla pandemia Covid-19, ci accompagna gradualmente in un contesto molto differente rispetto a quello cui siamo abituati; cambieranno alcune nostre abitudini e dobbiamo allenarci all’accettazione di questa trasformazione, visualizzando preventivamente e attuando al momento corretto strategie che ci porteranno a superare questa sfida.

  • Alleniamoci a visualizzare scenari futuri
  • Teniamo la mente sgombra dalle paure
  • Agiamo come gruppo

Alleniamoci a visualizzare scenari futuri

Nel 1969 Neil Armstrong e Buzz Aldrin toccarono il suolo lunare durante la missione Apollo 11, ma non tutti sanno che esiste un luogo sulla Terra dove gli astronauti hanno allenato la propria mente a confrontarsi e familiarizzare con il fascino arido del paesaggio lunare: si tratta di Askja in Islanda.

A quell’epoca quest’area si poteva raggiungere faticosamente con mezzi 4×4 e molta pazienza; lo scenario è davvero particolare, un terreno desertico di origine vulcanica, ricco di crateri, rocce, aree geotermiche, frutto di una eruzione esplosiva che il vulcano Askja ebbe più di un secolo fa; l’esplosione incenerì qualunque cosa nel raggio di 150 chilometri lasciando un enorme lago al posto del cratere e solo grigi depositi piroclastici a perdita d’occhio; gli astronauti vennero portati lì perché il nostro sistema nervoso centrale ha bisogno di essere preventivamente abituato ad un contesto sfidante che potrebbe verificarsi nel futuro; questo permette di gestire una situazione critica eliminando i fattori disorientanti come il panico e permettendo alle persone così allenate di essere lucide in una situazione complessa; in sostanza permette di non essere disorientati da eventi negativi di notevole portata semplicemente perché ci si è allenati a guardarli.

 

Step 1: non volgiamo lo sguardo altrove, guardiamo cosa sta accadendo con obiettività

 

Teniamo la mente sgombra dalle paure

Uno dei killer più pericolosi per la nostra concentrazione è la paura, o ancor peggio il panico. Anni fa mi dedicavo molto alle immersioni subacquee, e la passione mi aveva portato a fare immersioni “tecniche”, così definite perchè immergersi a notevoli profondità richiede una preparazione appunto tecnica, una discreta performance fisica, ma soprattutto una granitica attitudine mentale; mi spiego meglio, qualunque cosa imprevista succeda a quelle profondità ti porta velocemente ad un bivio, da una parte una probabile morte, dall’altra la serena gestione di una complessità; questo bivio si imbocca correttamente e senza incertezze grazie alla capacità di concentrazione, che preserva la mente dall’essere invasa dalla paura o dal panico e consente così di utilizzare a pieno la propria competenza riducendo drasticamente qualunque tipo di rischio. Un giorno mi trovai a circa 84 m di profondità al largo di Riva Trigoso alla ricerca di un relitto sconosciuto, in condizioni meteo-marine non ideali (in superficie freddo e vento e in profondità visibilità nulla); io e Fabio arrivammo sul fondo, come da procedura con il gomito a contatto con il gomito del compagno, perché non ne potevamo percepire diversamente la presenza; immaginate quindi di essere sul fondo del mare, al freddo, in totale assenza di visibilità, alla ricerca di un pezzo di ferro che peraltro non trovavamo; in quel momento comparve nella mia mente un elemento: mia figlia sarebbe nata da lì a sei mesi; questo non fu di per sè destabilizzante, ma il fatto che in quel momento arrivasse nella mia mente questo pensiero mi disse che in realtà non ero più concentrato, che la mia attitudine, il mio allenamento a gestire una situazione eventualmente critica sarebbe stato condizionato da timori, da paure e preoccupazioni che mi avrebbero limitato profondamente nelle performance; dissi al mio compagno che era tempo di risalire, facemmo la nostra decompressione e tornai a casa.

 

Step 2: sgomberiamo la mente dalle paure, o perlomeno, se ne sentiamo la presenza, confiniamole in un posto dove non possano condizionarci

 

Agiamo come gruppo

Immaginiamo ora un posto terribilmente inospitale e pericoloso, dove sopravvivere è un impegno quotidiano, dove l’uomo si nutre di ciò che trova o caccia; non ci sono scuole, ospedali, o lavoro, per la semplice ragione che non ci sono aziende, non ci sono nazioni,  confini, trattati, monete; ………non è un ambientazione post-apocalittica, ma il mondo com’era 50.000 anni fa quando l’uomo moderno, Homo Sapiens, muoveva i suoi primi passi sul pianeta; questi nostri antenati sono cresciuti nella povertà più nera, le opportunità per loro derivavano solo dalla loro forza di volontà e dal duro lavoro necessario a crearle, … e loro le crearono; l’uomo è attrezzato per poter fronteggiare situazioni di pericolo e risorse insufficienti e sappiamo che i nostri antenati di quel tempo non corrispondono allo stereotipo corrente del cavernicolo ingobbito, con le sopracciglia unite e la clava in mano; erano fatti come noi, erano intelligenti e capaci come lo siamo noi, e non agirono come singoli; quasi ogni cosa nell’essere umano è progettata per permettergli di sopravvivere e perpetuare la specie in condizioni di difficoltà, ma la nostra fisiologia e la nostra attitudine alla cooperazione sono gli elementi funzionali alla sopravvivenza e la nostra condizione ideale è quella in cui affrontiamo il pericolo insieme.

Quando sentiamo di appartenere a un gruppo e ci fidiamo di quelli con cui lavoriamo ci viene naturale collaborare per far fronte a minacce e sfide poste dal mondo esterno, invece senza quel senso di appartenenza siamo costretti a investire tempo ed energie per proteggerci dal prossimo e in questo modo senza volerlo ci rendiamo più vulnerabili.

 

Step 3: la clausura ci impone la ricerca di un equilibrio interiore, come individui, ma l’uomo è un animale sociale e ha bisogno di interagire, e la sua migliore risorsa per la salvaguardia della specie è fondata sulla capacità di cooperare.